Anche gli uomini sono vittime di violenza

Scritto il 02/08/2025
da Vittorio Feltri

Caro direttore Feltri,

cosa pensa dell'orrore avvenuto in provincia di Udine, dove un uomo è stato ucciso e fatto a pezzi dalla madre e dalla compagna? Non è

il caso di smetterla con la narrazione della donna sempre vittima?

Michele Marino

Caro Michele,

penso che siamo dinanzi a un caso talmente agghiacciante da rendere inopportuna ogni generalizzazione ideologica. In quella casa, più che un omicidio, è stato compiuto un rituale macabro. Un uomo di 35 anni, padre di una bambina di sei mesi, è stato ucciso, pare dopo essere stato stordito con dei farmaci, fatto a pezzi e gettato in un bidone con la calce viva, per coprire l'odore del cadavere. A ucciderlo sarebbero state la compagna e la madre di lui. E dico sarebbero, perché rispetto la presunzione di innocenza, almeno fino a sentenza. Ma i contorni della vicenda, a oggi, fanno tremare i polsi. Sembra inoltre che il movente sia banale: egli non aveva apparecchiato la tavola. Altre fonti dicono che fosse disoccupato, con qualche vizio, forse incline all'alcol. D'accordo. Ma non stiamo parlando di un uomo che ha spezzato una vita, stiamo parlando di un uomo a cui la vita è stata tolta. Con brutalità. Con disumanità. E con freddezza. Stordirlo prima, poi fare a pezzi il corpo, metterlo in un bidone e occultarlo: non è un

raptus. È una procedura. Una sceneggiatura da horror. Una decisione calcolata. Un piano studiato da due donne che hanno orchestrato una macelleria, dove il sacrificato era il proprio figlio per una e il padre della propria figlia per l'altra. Tuttavia non troverete manifestazioni in piazza. Nessuno slogan. Nessuna maglietta con su scritto #GiustiziaPerLui. Nessuna conferenza con esperti a discutere del matriarcato tossico. Nessuna mobilitazione. Perché? Perché l'uomo, quando muore, non muove nulla. È vittima irrilevante. Si cercheranno colpe da attribuirgli che possano in qualche modo alleggerire la gravità del reato posto in essere da questo clan familiare femminile, assetato di sangue più che esasperato, perché, lo ripeto, se sei stufo di un certo andazzo, non ammazzi, al massimo sbatti il figlio o il compagno parassita fuori di casa.

Il fatto che l'uccisione sia stata commessa da due donne scompagina le carte dell'ideologia corrente, che vorrebbe la violenza monopolio esclusivo maschile. E invece no. La violenza

è un veleno trasversale. Non ha genere. Ha una sola origine: l'essere umano. L'essere umano quando si disumanizza. E allora smettiamola con le sciocchezze del femminicidio come categoria penale a sé. Un omicidio è un omicidio. Non diventa più grave se a morire è una donna per mano di un uomo. E non diventa meno grave se a morire è un uomo. L'uccisione di un essere umano è sempre una sconfitta collettiva. La parità, se vogliamo davvero raggiungerla, comincia da qui: dallo sguardo equo e non ideologico sulla morte. E un'ultima cosa, amara eppure vera: quando una madre fa a pezzi suo figlio, e una donna fa a pezzi il padre della propria figlia, siamo già oltre il crimine. Siamo nella degenerazione dell'umano. Nella mostruosità. Nessun femminismo potrà assolverla. Nessun patriarcato potrà giustificarla.

È orrore puro.