"Vi racconto i segreti delle nuove mafie"

Scritto il 03/08/2025
da Hoara Borselli

Il procuratore di Napoli: "Sono un potere integrato. Il dl Sicurezza? Giusto difendere gli agenti"

Nicola Gratteri tra tutti i magistrati italiani è uno dei più famosi. Da pochi giorni ha compiuto 67 anni. È calabrese della Locride, ma da due anni è Procuratore di Napoli. Ha scritto molti libri. L'ultimo "Una cosa sola" (Come le mafie si sono integrate al potere). È considerato il nemico numero 1 delle mafie.

Dottor Gratteri, una trentina d'anni fa la mafia uccideva un migliaio di persone ogni anno. Oggi ne uccide si e no cinquanta. Perché lei parla di emergenza mafia?

"Le mafie sono un problema che ci trasciniamo da oltre 160 anni. Non ho mai parlato di emergenza, ma di priorità nella lotta a fenomeni criminali che sono molto più pericolosi quando non sparano. Associarli alla violenza, non ci aiuta a capire la loro pervasività e le relazioni che intrecciano con segmenti importanti della società".

Ma la vecchia mafia dei Liggio, dei Riina, della lupara non esiste più?

"I Corleonesi che, contrariamente ad altri clan, hanno sfidato i poteri costituiti dello Stato, sono stati eliminati. Quella mafia è stata sconfitta. Ma già si notano esempi di clan mafiosi che in Sicilia stanno tornano alle vecchie abitudini: trame e denaro, collusioni e corruzione".

"Una Cosa Sola" è il titolo del suo ultimo libro. Cosa vuol dire: che la mafia non condiziona più il potere ma è lei il potere?

"Nel libro scritto con il prof. Nicaso abbiamo raccontato questa ulteriore evoluzione delle mafie che stanno diventando sempre più un sistema di potere integrato, un tutt'uno con politici, imprenditori, professionisti e bancari".

La lotta a questa nuova forma di criminalità organizzata è più facile o più difficile di una volta?

"È molto più difficile. Oggi, i soldi delle mafie entrano nei circuiti dell'economia legale con una facilità impressionante, grazie anche a un sistema onnivoro che, da tempo, non fa più differenza tra soldi sporchi e soldi puliti. Peraltro, il ricorso a mezzi tecnologici più sofisticati telefoni criptati o criptovalute rende molto più difficile rimanere al passo con i tempi. Soprattutto se c'è chi ancora afferma che i mafiosi non parlano al telefono e che si deve tornare ai pedinamenti".

Lei ora è il procuratore di Napoli: c'è differenza tra la camorra e la ndrangheta?

"Ci sono molte differenze. La camorra, o meglio la camorra che gestisce le piazze di spaccio, è molto più visibile, spavalda. La ndrangheta da tempo si muove sotto traccia. Comunque ci sono clan di camorra che non hanno nulla da invidiare alle famiglie di ndrangheta".

Ci sono mafie straniere sul nostro territorio che interferiscono con le mafie italiane?

"Certamente, quelle che stanno crescendo di più sono i clan albanesi che sono sempre più potenti non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Oggi i clan albanesi sono sempre più coinvolti nel traffico internazionale di cocaina. Ma ci sono anche altre mafie, ormai radicate, come le reti criminali cinesi che gestiscono il mercato del contante e quelle africane e hanno in mano molte piazze di spaccio, specialmente nelle regioni centro-settentrionali".

Lei è contrario alla separazione delle carriere. Perché teme l'ingerenza del potere politico nella magistratura? Ma la riforma non prevede nessuna ingerenza, non è così?

"Se il tema è il passaggio delle funzioni, non capisco perché cambiare la costituzione se negli ultimi dodici anni meno del due per cento dei magistrati è passato dalla funzione giudicante a quella requirente, e viceversa. Non le sembra strano tutto questo interesse per un problema che non esiste? Bisognerebbe fare altro per migliorare il sistema-giustizia.

Non crede che gli imputati debbano avere più garanzie di essere giudicati in modo equanime e in punta di diritto? E quindi da giudici lontani dall'accusa?

"In Italia i giudici non si fanno influenzare dai pubblici ministeri. Se fosse vero il contrario, non si spiegherebbero le pronunce di assoluzioni, o le decisioni difformi rispetto alle richieste dei pubblici ministeri. Peraltro, ricordo che la riforma non prevede alcuna separazione dei giudici di primo grado da quelli di grado superiore, che devono valutare il lavoro dei primi. Se poi volessimo ragionare come fanno loro, dovremmo tenere conto anche delle frequentazioni amicali tra alcuni avvocati e magistrati".

Le carceri sono sovraffollate. Lei è contrario a un provvedimento di amnistia o di indulto?

"Sono assolutamente contrario. Intanto, potremmo togliere dal carcere i tossicodipendenti, inviandoli nelle comunità terapeutiche; poi potremmo provare a fare accordi bilaterali per far scontare nei paesi di provenienza la pena di tantissimi stranieri che oggi sono detenuti nelle nostre carceri. E, infine, potremmo pensare di costruire qualche struttura carceraria in più rispetto a quelle di cui oggi disponiamo".

Il 41 bis è ancora necessario?

"È assolutamente necessario. I mafiosi che ammorbano l'aria di molti territori e che con la loro arroganza rendono amara la vita di tantissime persone, devono essere consapevoli di una cosa. Se condannate, dovranno scontare la pena in isolamento, evitando quello che facevano un tempo, quando le carceri erano un surrogato della strada, in cui tutto era concesso. C'erano boss che in vestaglia di seta incontravano i loro accoliti nelle loro celle, come tanti monarchi".

Il decreto sicurezza è stato una misura utile?

"Ci sono delle misure condivisibili, come la tutela legale delle forze dell'ordine. Fino a ieri, ogni qual volta un poliziotto procurava la morte di una persona, tipo un rapinatore armato che stava per esplodere un colpo di pistola, doveva pagarsi di tasca propria un avvocato, perché lo assistesse in quelle attività processuali imposte dalla legge, nonostante fosse un proprio dovere operare. E giustamente il decreto qui è intervenuto. Non condivido la repressione del dissenso, quando non vi sia ricorso a manifestazioni violente".

Lei pensa che in Italia il livello della corruzione sia ancora molto alto?

"Penso di sì e il livello è destinato ad aumentare con le riforme varate dal ministro Cartabia in poi".

Ma lei pensa che ci siano settori del potere politico infiltrati dalla mafia?

"Non lo dico io, lo dicono le sentenze".

Mi dica la verità: lei è tentato da un futuro in politica, quando avrà finito la sua esperienza di magistrato?

"Al momento sono più tentato dai bergamotti e dalla campagna".