Il migliore alleato di Giorgia Meloni sul contrasto all'immigrazione illegale è il governo di sinistra danese della premier Mette Frederiksen. Copenaghen ha assunto la presidenza semestrale europea da giugno. Dopo la doccia fredda della Corte Ue sui paesi sicuri l'obiettivo immediato è anticipare l'applicazione del regolamento sul nuovo Patto per la Migrazione e l'Asilo, che supera l'ostacolo. Non per l'"attivista" giudiziaria, Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica, che per l'ennesima volta detta la linea e "boccia" pure il nuovo Patto per quanto riguarda i centri in Albania dove inviare i migranti intercettati in altro mare. Nell'intervista a Repubblica di ieri ha già sentenziato: "Non risolverà comunque il problema Albania () Il regolamento stabilisce che le zone di frontiera - in cui possono essere applicate le procedure accelerate per i migranti provenienti da Paesi sicuri - devono essere individuate nel territorio della Ue. E l'Albania non lo è".
Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, sostiene che il modello Albania "ad esclusione di uno o due Paesi è una soluzione vista con grande favore a livello europeo, anche da Paesi che sono a guida politica diversa dal nostro governo". Il riferimento esplicito non lascia dubbi: "Il semestre appena cominciato alla guida del Consiglio Ue è danese, dove c'è un governo socialista, labourista, ma che su questi temi è ancora più rigoroso di noi". Non solo: "Abbiamo dovuto respingere alcune offerte da Paesi membri che ci chiedevano di condividere la struttura in Albania".
Fonti qualificate confermano al Giornale, che "i centri in Albania continueranno a lavorare come Cpr (di permanenza per i rimpatri nda)" con migranti inviati dall'Italia. E si sta valutando pure di "riutilizzarli per lo scopo originario delle procedure accelerate di frontiera con i migranti intercettati in mare. In teoria sono venute meno le sospensive dei giudici dopo la sentenza della Corte europea".
Una scelta di muro contro muro con la magistratura stile Albano, ma la mossa più importante è a livello europeo. "Durante l'attuale presidenza danese si cercherà di anticipare il nuovo patto sull'immigrazione che sanerà questo scenario" conferma la fonte. Nel 2024, pochi giorni dopo il voto sul nuovo Patto per la migrazione e asilo, che per il momento entrerà in vigore il 12 giugno del prossimo anno, bypassando la decisione dei giudici sui paesi sicuri, un gruppo di 15 stati dell'Unione europea, compresa l'Italia, caldeggiato dalla Danimarca, ha chiesto alla Ue di creare degli hub all'estero per valutare le domande di asilo dei migranti in arrivo ed i rimpatri. La lettera menzionava il progetto italiano di costruire centri in Albania. Lo scorso ottobre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha approvato l'idea e adesso la Danimarca vuole negoziare l'approvazione di una legge, in base alla bozza già pronta in marzo, per le basi legali che consentano ai governi di trovare accordi sugli "hub di rimpatrio" con paesi esterni alla Ue. Così verrebbe superato l'ultimo ostacolo giudiziario citato dalla giudice Albano. Il gruppo iniziale dei 15 paesi si è allargato diventando maggioranza e comprendendo la Germania del nuovo cancelliere, Friedrich Merz, che ha definito "veramente esemplare" la politica migratoria danese. L'ultimo dei Moicani, da sempre contrario al modello Albania, rimane il premier socialista spagnolo.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sottolineato l'urgenza di anticipare il regolamento del Patto Ue: "Mi auguro che possa entrare in vigore prima di giugno, così da attenuare gli effetti di una sentenza che non condivido perché rischia di dare potere ai magistrati su questioni di cui sanno poco. Per me è un grave errore per l'interesse dell'Europa".